di Maria Scetta –
Sotto il patrocinio dell’Unesco e della Società Italiana di Fisica,l’intera struttura dei Laboratori Nazionali di Frascati (RM) apre per un giorno le porte a studenti, insegnanti, appassionati, ma anche a semplici curiosi che per la prima volta si avvicinano al mondo della ricerca. I Laboratori Nazionali di Frascati (LNF) sono la più antica struttura di ricerca per la fisica nucleare e subnucleare italiana con macchine acceleratrici e il più grande Laboratorio dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), l’Ente che promuove, coordina e finanzia la ricerca nel campo della fisica subnucleare e nucleare. Quest’anno ci siamo anche noi, ragazzi delle classi quarte dell’IIS Telesi@, che della curiosità abbiamo fatto la ragione di una nuova esperienza, lo scopo per eliminare qualche punto interrogativo. Voler conoscere è ciò che possediamo in partenza e che portiamo addosso senza peso; quando volere diventa potere, conoscere significa fare qualche passo in più, cercando di scorgere un punto d’arrivo: noi sabato 23 maggio dei passi in più li abbiamo fatti, ma il nostro primo punto d’arrivo è in realtà il nostro punto d’inizio. Noi, adesso, di sicuro “pesiamo” di più.
Abbiamo varcato la soglia dell’ Istituto e ci siamo fatti coinvolgere dall’entusiasmo di tanti volti come i nostri, pronti a lasciarsi stupire dal di più, dal mondo della “scienza difficile” che voleva essere capita. Voleva mostrarsi e lo ha fatto poco alla volta, aprendosi alle menti che la scrutavano interessate, voleva conquistare esibendo i suoi aspetti migliori.
Il nostro programma si è aperto nell’auditorium B. Touschek con alcune domande: cosa si nasconde sotto la superficie pittorica di un dipinto o di una statua? Cosa contengono le antiche opere? La ricercatrice Claudia Conti ne ha dato risposta, spiegando il forte nesso tra arte e scienza, un legame che porta a vedere l’invisibile. Ciò che si vede ad occhio nudo di fronte ad un’opera d’arte è soltanto una piccola parte di ciò che realmente esiste sulla superficie e al di sotto di essa. Il contributo che la scienza apporta alla comprensione e alla conservazione delle opere d’arte ha ormai assunto un grande peso nella conoscenza e della salvaguardia del nostro inestimabile patrimonio artistico. Molti sono gli esempi di come alcune tecniche analitiche convenzionali e all’avanguardia siano in grado di ricostruire la storia dell’opera mettendo in luce particolari nascosti, tecniche esecutive e materiali impiegati, ripensamenti dell’artista, ritocchi e falsificazioni: quadri su quadri di cui non si è mai immaginata l’esistenza. Lo spettacolo di cui è capace la scienza non ha limite e si estende anche al di là di tutto, nell’universo dove è tutto, tra la chiara scia di una stella e il buio incomprensibile della materia oscura.
Il 2015 è l’anno dedicato alla luce, ma è anche l’anno in cui, dopo la scoperta del bosone di Higgs nel 2012, riparte l’acceleratore LHC al CERN di Ginevra. Perché è importante aver capito come funziona la luce ed aver scoperto il bosone di Higgs? Barbara Sciascia nella sua lezione “Io dico l’Universo” ha fatto capire che quanto si conosce non è abbastanza: come un iceberg di cui vediamo solo la punta ma di cui intuiamo una parte sommersa, attraverso l’applicazione delle leggi della fisica l’universo che ci è familiare rappresenta solo una piccola parte, il 5% circa, della materia-energia complessiva. A ciò si aggiunge la velocità di espansione dell’universo, che aumenta con il passare di miliardi di anni e che noi, in assenza di una qualsiasi spiegazione, attribuiamo alla stessa misteriosa energia oscura.
Nella nostra esperienza in questo mondo “fatto di fisica” abbiamo anche visionato gli acceleratori di particelle, potenti microscopi che, utilizzando come sonde particelle subatomiche accelerate, sono in grado di esplorare la struttura più intima della materia. Gli acceleratori sono utilizzati anche per generare nuove particelle: ricreando condizioni simili a quelle che si sono avute subito dopo il big bang, permettono di studiare i primi istanti di vita del nostro universo, quando questo era costituito da particelle libere, quark e leptoni. Ne è un esempio DAFNE, l’anello di collisione di elettroni e positroni, che studia fenomeni estremamente rari legati agli urti delle stesse particelle per comprendere le proprietà fondamentali della natura. In interazione con l’acceleratore, è presente KLOE, un rivelatore che ha il compito di catturare le particelle prodotte nelle collisioni, misurandone le principali caratteristiche. L’ Istituto di Frascati ospita anche AdA (Anello di Accumulazione), il primo acceleratore di particelle e antiparticelle mai realizzato al mondo. Con la sua realizzazione, si e’ posta una delle pietre miliari nella storia della fisica subnucleare, segnando l’inizio di una nuova fase di ricerca, che è stata e rimane una delle più fruttuose per la conoscenza delle strutture ultime della natura: la ricerca basata sugli urti di materia ed antimateria. Successivamente è stato realizzato ADONE negli anni ’70 e poi DAFNE, attualmente in funzione ai LNF. La luce di sincrotrone, come viene chiamata la radiazione elettromagnetica emessa dai fasci di elettroni orbitanti nell’ anello di accumulazione, è attualmente uno dei più preziosi strumenti d’indagine in vasti settori della fisica, chimica, biologia e nel campo delle applicazioni tecnologiche più avanzate. La ricerca con luce di sincrotrone è per sua natura un punto focale dell’accoppiamento fra ricerca fondamentale e mondo industriale e produttivo, indispensabile per garantire il processo di innovazione tecnologica. Cosa ci attende il futuro non è facilmente intuibile, ma nuove tecnologie si affacciano all’orizzonte e la fisica continuerà nella sua sfida contro i tanti punti interrogativi che pone l’universo.