di Giusy Montuori, 5ª T2 –
Ho sempre ritenuto che l’istituzione scolastica prima di insegnare la somma degli angoli interni di un triangolo o il numero di canti della Divina Commedia, debba innanzitutto tramandare un messaggio più importante: il rispetto per le cose e per le persone. Durante una lezione di Italiano, avendo l’esigenza di consultare uno dei dizionari presenti a scuola, ne abbiamo notato lo stato di abbandono: copertina stracciata, contenitore ridotto in brandelli, scritte inappropriate. L’occasione ci ha portato a riflettere sul valore di quel dizionario, non solo economico, ma di quello più vero: il suo intrinseco valore culturale. Disprezzare un dizionario significa non rispettare la nostra lingua, le nostre radici, la nostra cultura e, a volte, (purtroppo) noi Italiani siamo i campioni internazionali in questa competizione infelice, altrimenti (e lo dico con una certa amarezza) non avremmo abbandonato alle intemperie le bellissime ville di Pompei oppure non avremmo permesso alle organizzazioni criminali di dissipare rifiuti un po’ ovunque sul suolo nazionale. E allora, spronati dall’insegnante e armati di strumenti elementari come forbici e nastro adesivo, ma soprattutto di tanta buona volontà, ci siamo improvvisati restauratori e abbiamo riportato alla sua integrità originaria quel dizionario, lasciando come monito il seguente biglietto: “DIZIONARIO RESTAURATO, MANEGGIARE CON CURA”.
Sì, perché nel trascurare le cose semplici ci abituiamo a tralasciare anche quelle più importanti e, infine, noi stessi. La “cura” non è una prassi o un’attività occasionale come collezionare francobolli, bensì una vera e propria arte, una educazione dell’animo che ci porta a prestare attenzione alle cose che amiamo o che dovremmo amare. Credo che la “cura” sia sinonimo di responsabilità: quando viene meno, tutto va in malora, e la storia ha più volte dimostrato che la superficialità e l’indifferenza vengono pagate a caro prezzo. Per cambiare il mondo non occorre atteggiarsi a rivoluzionari, ma solo modificare alcuni piccoli atteggiamenti sbagliati che, considerati nel loro insieme, riflettono l’incuranza e l’indifferenza. Io, che ormai sono al quinto anno e mi appresto a lasciare per sempre il Liceo, non sapendo a quale sorte andrà incontro quel vocabolario, vorrei lasciare almeno un messaggio: evitiamo di trascurare gli oggetti prima e le persone poi, pensando che non ci appartengano; un piccolo gesto da solo non cambia di certo il mondo, ma il buon esempio può fare molto di più.