a cura di Emma D’Agostino e Aurora Iacobelli 4ªS2 – Liceo Scientifico –
Nella biblioteca del Telesi@ il 24 novembre, gli studenti delle classi 4ªS1, 4ªS2, 4ªS3 e 5ªS2 hanno dialogato con lo scrittore e professore Costantino Massaro, autore del saggio: “Il Sapore dello Scrittore. Divagazioni, narrazioni ed incursioni gastronomiche nella letteratura italiana dell’Otto-Novecento”. L’opera è la prosecuzione di “La poetica della pancia”, in entrambi i casi un viaggio tra i sapori e i saperi degli scrittori otto-novecenteschi. Il termine sapere è connesso del resto con il sapore – dal latino volgare sapere-, cioè un aver gusto, discernimento e, quindi, senno. Il sapiente, infatti, è colui che ha gusto, che non” inghiotte” la vita frettolosamente, rischiando di non digerirla, ma la assapora con delicatezza, “a piccoli bocconi”, come la pietanza più rara e prelibata. È sulla base di questo viaggio metaforico che ha avuto inizio l’interessante dialogo con Massaro. Ad apertura dell’evento la professoressa Di Meo ha presentato il saggio con spunti, incursioni e notizie rilevanti. Alcuni studenti hanno letto e recitato delle poesie che possono aiutare a comprendere quanto, anche nelle letterature più alte, sia presente un ingrediente così fondamentale come il cibo e quanto esso conti e abbia contato nella letteratura come forza immaginaria e propulsiva della narrazione. Tra i testi declamati Le golose, un componimento scritto da Guido Gozzano che descrive le signore che si concedono una dolce pausa in una pasticceria, suggerendo con amara ironia i desideri della media borghesia che si atteggia alle buone maniere tipiche della classe nobiliare ma che mostra vizi e debolezze tutt’altro che signorili, mostrando così , attraverso il cibo, il carattere reale delle persone al di là delle apparenze; il celeberrimo Manifesto del Futurismo che, con la sua carica dissacrante e antipassatista, predicò addirittura l’abolizione di uno dei piatti forti della nostra tradizione, la pastasciutta; l’Ode alla tagliatella di Olindo Guerrini e ‘O rraù di Eduardo De Filippo. Nella letteratura il cibo è ricercato, sognato, consumato, divorato. In molti casi al momento del cibo corrisponde un punto focale o uno snodo significativo della narrazione. Questo perché il cibo è segno della socialità e della convivialità e conserva ancora, nonostante la nostra cultura sia ormai massificata e globalizzata, quel valore sacrale che gli appartiene fin dall’antichità, e che risulta ben testimoniato da quel grande sedimento della vita e dell’esperienza dell’uomo che è la letteratura.
Diversi sono i motivi di interesse di questo libro: del classico saggio ha la serietà della documentazione, per quanto dissimulata nell’ariosità della pagina. Gli autori passati in rassegna nel libro rappresentano in parte tappe obbligate in un percorso letterario italiano: Manzoni, Verga, Carducci, Pascoli, Gadda e ancora Serao, straordinaria occasione per offrire un quadro della gastronomia partenopea; Marinetti, con la valorizzazione della “cucina futurista”, e Artusi, del quale si rivendica giustamente l’importanza, pari a quella prima di Manzoni, poi di De Amicis e Collodi, nel diffondere nelle famiglie borghesi dell’Italia unita un concreto modello di italianità linguistica, in questo caso da spendere in un’attività quotidiana come l’allestimento dei pasti e per ognuno è un percorrere strade di conoscenza letteraria immergendosi in colori e sapori di una cucina in parte dimenticata. Importanti sono anche i riferimenti alla vita contemporanea: i social o gli influencer, ad esempio, avversati dal professore Massaro o il ruolo della scuola e degli insegnanti o ancora “la decadenza della cultura alimentare” queste le parole del compianto prof. Luca Serianni nella intensa prefazione, di certo un valore aggiunto al saggio.
Una riflessione molto densa ed interessante è stata proposta dagli studenti della classe 5S2, guidati dalla prof. Mendillo, che hanno immaginato un dialogo tra cinque autori e commensali in un luogo e in un tempo indefiniti (Puccini, Pascoli, Artusi, Verga e Manzoni), il cui testo si riporta integralmente in allegato. Significativa l’affermazione di Artusi, ad esempio: il cibo, lungi dall’essere mera fonte di sostentamento, lascia trasparire quella che è la dimensione più profonda dell’uomo: la natura semidivina dell’io. Accade allora che il piatto preferito di un individuo sia in grado di dire tanto della sua personalità, che un alimento rifletta un’esperienza, un’emozione, che abitudini culinarie diventino lo specchio di una condizione esistenziale. Mangiamo ciò che siamo, afferma infatti Massimo Montanari, moderno storico della cucina. Il prof. Massaro ha poi risposto alle domande e curiosità degli studenti, che hanno sollecitato la riflessione anche su diverse problematiche legate al cibo: i disturbi alimentari, la fame nel mondo, con particolare riferimento all’obiettivo 2 dell’Agenda 2030, il business del cibo sintetico e tanto ancora. La piacevole chiacchierata si è conclusa con un ricordo d’infanzia dello scrittore che da bambino amava macinare il pepe nonostante l’ammonimento della madre che lo invitava ad abbandonare l’impresa perché faticosa e perché il pepe, a suo dire, era un alimento futurista. Quell’esperienza infantile è poi diventava una bellissima metafora che sta ad indicare che nella vita le cose importanti richiedono fatica.
Nella ricreata cornice di una raffinata pasticceria, adornata di elementi pucciniani studenti, docenti e l’autore del libro hanno potuto sorseggiare thè caldo e deliziosi pasticcini. Un’atmosfera tra sapore e sapere, il giusto connubio tra nutrimento e letteratura come nutrimento spirituale!
A seguire le grafo recensioni che due studentesse, Alessandra Sanzari (4ªS2) e Myriam Falluto (5ªS2), hanno realizzato durante la piacevole serata letteraria.