di Gianclaudio Rubino del Liceo Scientifico opz. Scienze Applicate in stage annuale in Scozia –
Si dice che il mondo sia un libro, e che chi non viaggia ne ha letto soltanto una pagina.
In questi mesi, sono tante le pagine che ho letto e ho lasciato una parte di me in ogni luogo che ho scoperto, in cambio ho ricevuto inaspettate ed intense emozioni.
Questa volta, il vento ha soffiato in direzione della capitale della terra degli gnomi dalle pentole d’oro… ed io non ho esitato per un attimo a seguirlo!
L’Irlanda è un incanto, e Dublino il suo fiore all’occhiello. È una donna di smeraldo, le cui seducenti sfumature ammalierebbero chiunque. Il grigio perlato del cielo consente agli attenti osservatori di soffermarsi maggiormente sul suggestivo scenario che li circonda: un’immensa distesa di verde speranza intervallata qua e là da caratteristiche e frizzanti casette scarlatte. L’ineccepibile charm di Dublino ti travolge come una spirale, ti tira a sé come il canto delle Sirene attrasse Ulisse… e non c’è soluzione più saggia del lasciarsi completamente portare via.
È impossibile sentirsi esausti dopo una camminata che abbraccia le numerose piazze storiche e i romantici quartieri alla moda, passando per i pub tradizionali e gli svariati college.
La Pasqua ha portato con sé attimi di contentezza infinita, e non solo.
Dopo 7 mesi di lontananza, i miei genitori sono atterrati nella fredda e piovosa Glasgow.
La sensazione che ho provato è inspiegabile, sembra quasi un paradosso. Come il giorno e la notte che si incontrano o il bianco e il nero che si mescolano, la mia vita italiana e quella scozzese hanno finalmente trovano un punto di congiunzione e un equilibrio. È stato fortemente significativo aver reso parte della mia nuova quotidianità i miei genitori: ho mostrato loro la mia nuova casa, la mia nuova scuola, i miei nuovi amici… La lista potrebbe protrarsi all’infinito, perché in questo momento mi sento di appartenere a questo Paese come le stelle appartengono al firmamento, e posso finalmente definirlo “mio”. Non sono più “il ragazzo italiano di scambio”, ma vengo considerato come parte integrante dei teenager della mia scuola. Ciò non implica che ora io esca con il kilt, bevendo whisky come se non ci fosse un domani e ripetendo “am dein awright”; semplicemente, mi sono adattato tanto bene a determinate usanze e modi di fare da averli assimilati proprio come una spugna assorbe l’acqua.
Spesso non percepiamo alcun cambiamento nel nostro essere in quanto abbiamo a che fare con noi stessi in un loop continuo.
Per farvi un esempio molto banale, è soltanto grazie a mia madre che ho realizzato che – da quando sono a Glasgow – il tono della mia voce si è abbassato notevolmente. Effettivamente, ricordo che appena arrivato molte persone scherzavano con me paragonandomi ad una tromba perché ero molto rumoroso, ma sono certo di non aver mai provato a modificare il tono della mia voce intenzionalmente. Il tutto deve essere avvenuto in maniera automatica,senza che neanche me ne accorgessi.
Come questo, sono stato sicuramente protagonista di tanti altri mutamenti, e sono sicuro che ci vorrà del tempo prima che io possa accorgermene in prima persona.
Una canzone molto popolare qui suggerisce che il cambiamento bussa costantemente alla nostra porta, ma bisogna essere sempre pronti ad accoglierlo senza timore.
Da 228 giorni a questa parte, mi è chiaro che non esiste nessun equilibrio fisso. Prima o poi, la stabilità che abbiamo protetto nella nostra comfort zone vacillerà e starà a noi rimboccarci le maniche e stabilirne una nuova.
Accettare il cambiamento significa essere pronti a correre il rischio. L’esito della sfida dipende interamente dal proprio desiderio di “farcela”, e sono ormai certo che se si desidera qualcosa ardemente, si troverà sempre e comunque il modo per raggiungerla.
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