a cura degli studenti delle quinte classi del liceo scientifico
Con grande entusiasmo giovedì 12 ottobre, abbiamo partecipato a Salerno alla giornata inaugurale del Festival della musica e della filosofia, finanziato dalla Regione Campania (fondi Regione Campania e Dipartimento per le politiche giovanili e il servizio civile universale) attraverso Scabec, società campana per la promozione e la valorizzazione dei beni culturali.
Il Festival, che rientra in un più ampio progetto dal titolo “I giovani e la cultura musicale”, è stato pensato per i giovani e il loro benessere attraverso la costruzione di sane relazioni. Il primo talk dei quattro previsti (Mito e Filosofia; Cicatrici, Tatuaggi e altri segni; Solo vivendo: memoria dei corpi, immaginazione del futuro; Per uscire dalla minorità: Kant e non solo) ha toccato il tema del mito e delle sue connessioni filosofiche. Matteo Nucci, con il suo intervento “Il sogno di Achille: soffrire, conoscere, crescere”, ci ha proposto un’originalissima rilettura dell’Iliade con al centro Achille e le sue fragilità. Achille vive un eterno presente, è impulsivo, un ragazzo dalle infinite contraddizioni come tutti i giovani divorati dall’ansia di vivere. Non sarà lui a scegliere la strada da perseguire anche se, a tal proposito, lo scrittore afferma che il destino di Achille non è quello tradizionalmente raccontato. L’eroe vuole vivere, sa che il suo destino non prevede un ritorno dalla guerra di Troia, che la sua vita sarà breve, ma non si consegna a questa certezza. Per lui esistono due alternative: una vita breve e gloriosa o una vita lunga, ma senza la fama a ricordo delle sue grandi gesta. Egli non ha dubbi, è meglio la vita perché senza di essa è tutto perduto. Attraverso il contrappunto attoriale di Valentina Carnelutti, Nucci ha ripercorso “il sogno più bello della letteratura occidentale”, vale a dire quello di Achille contenuto nel ventitreesimo canto del poema omerico. All’eroe invincibile ed irascibile succede un fragile Achille, turbato dall’apparizione dell’amico Patroclo che chiede sepoltura e si fa promettere che un giorno una stessa anfora d’oro custodirà per sempre insieme le loro ossa. L’apparizione onirica di Patroclo ci parla dell’inconscio e della vulnerabilità di Achille, così come le tante lacrime che l’eroe versa invocando la madre Teti che lo ha destinato a breve vita, oppure ricordando il padre lontano mentre Priamo piange suo figlio Ettore, rannicchiato ai piedi di chi lo ha assassinato. Il con-piangere del vecchio re e dell’eroe ci insegna ancora oggi una grande lezione: la sofferenza e il dolore ci uniscono e ci indicano la strada per un rinnovamento profondo delle relazioni, per una ri-umanizzazione della società, ci assicurano che – sinché l’uomo sarà capace di “piangere insieme” – la morte non avrà l’ultima parola. Eroe dunque è chi sa piangere senza vergogna.
Altrettanto suggestivo l’intervento di Tiziana D’Angelo, sovrintendente del Parco archeologico di Velia-Paestum, che ha sapientemente intrecciato miti antichi e visioni moderne. Tanti sono i miti raccontati a Paestum, a partire da quello di fondazione ad opera di coloni greci provenienti da Sibari. E altrettanti miti saprà restituire giacché l’antica Poseidonia non è solo spazio fisico ma luogo dell’‘immaginario, un’altra Grecia, meta ambita già dall’epoca del Grand tour. Tanti la conobbero solo sulle carte del Piranesi, molti -tra i quali Goethe-rimasero affascinati dal connubio tra Natura e rovine. Le colonne doriche apparivano infatti ricoperte da erbe infestanti, la pianura circostante era paludosa e malarica e andare a Paestum significava sfidare la forza della Natura. Una vittima di tale sfida fu proprio Piranesi che, ammalatosi di malaria, morì poco dopo aver visitato la città antica.
L’ultima forte suggestione della giornata trascorsa presso il Teatro Ghirelli di Salerno è stata una riflessione sull’umano, liberamente ispirata al “Paradiso perduto” di John Milton. Rosario Diana ci ha trasportato in un altro mito, quello della creazione, contenuto nella Genesi. Come Milton, anche il regista moderno si è soffermato sulla cacciata di Lucifero e sull’incontro con Eva. Il monologo per due voci recitanti con Michelangelo Dalisi e Cecilia Lupoli ha mostrato nelle due figure di Satana ed Eva un comune bisogno di riconoscimento da parte del Padre, in un’atmosfera onirica rimarcata dalla musica per percussioni composta da Rosalba Quindici.