di Gianluca Mancino e Leonardo Iaquinto 2ªSA1 2ªSA2 –
Martedì 16 maggio 2023
Le classi seconde dell’Istituto Superiore Telesi@ indirizzo Scienze Applicate, hanno visitato il Museo Nazionale del Paleolitico ad Isernia. Il Museo nasce attorno l’area archeologica di Isernia La Pineta, parte integrante del complesso museale. Un tempo parte del percorso di un fiume e usata da gruppi di uomini del neolitico per gettare i resti delle loro prede, l’area archeologica è ancora oggetto di studi e scavi. I reperti ritrovati sono stati ricollocati in una diversa zona del museo per ricostruire fedelmente una porzione dell’area archeologica.
Sito originale Ricostruzione di una porzione del sito
Queste due foto mettono in relazione il sito archeologico originario e la ricostruzione che abbiamo potuto osservare con maggiore attenzione. Per mantenere la ricostruzione fedele all’originale, ogni singolo reperto ritrovato è stato in primo luogo schedato e successivamente esposto con la massima cura e nel rispetto delle posizioni nei più piccoli dettagli.
Il ritrovamento di tali reperti è una testimonianza inconfutabile del passaggio dell’uomo nelle zone di Isernia. Le ossa ritrovate sul sito ci informano su alcune delle attività svolte dall’uomo.
Egli portò sull’area interessata dagli scavi solo alcune parti degli animali cacciati. A questo si devono, ad esempio, le anomalie riguardanti la frequenza di particolari segmenti ossei, nello specifico di grossi erbivori. A scopo alimentare veniva estratto anche il midollo osseo; per questo motivo quasi tutti i frammenti ossei sono attribuibili ad una attività sistematica di fratturazione intenzionale.
Negli scavi sono state ritrovate grandi quantità di reperti litici, infatti l’uomo trovava nel territorio circostante l’accampamento la selce e il calcare con cui fabbricare gli strumenti. La selce non è di buona qualità: presenta infatti molte fratture.
Il museo è dotato anche di fedeli ricostruzioni di crani appartenenti a ominidi, come il cranio dell’Australopithecus africanus, dell’Homo Erectus, dell’Uomo di Neanderthal e dell’Homo Sapiens.
L’osservazione dei teschi dell’Australopithecus e dell’Homo Sapiens, ci hanno fatto riflettere sull’evoluzione dell’uomo nell’arco di circa 3 milioni di anni e su come le ossa craniche siano cambiate per far fronte alle nuove esigenze dell’uomo. Sicuramente la caratteristica visibile a primo impatto è quella legata alla grandezza dei due teschi, infatti quello dell’homo sapiens è più grande, ciò non è dovuto all’ingrandimento del cervello, ma piuttosto ad un metodo di proporzionalità della natura che collega la crescita del corpo a quella della testa. E anche molto visibile la maggiore grandezza degli zigomi nell’ Australopithecus poiché dovevano sostenere dei muscoli facciali più robusti, in questa evoluzione ha un ruolo fondamentale il fuoco poiché con la sua scoperta l’uomo ha avuto bisogno di minor forza per masticare alimenti cotti e quindi più morbidi.In conclusione, l’esperienza ad Isernia ha arricchito molto le nostre conoscenze relative alla evoluzione del genere umano, approfondendo argomenti trattati precedentemente in classe.
Ricostruzione del cranio di Australopithecus africanus(sx) e di Homo Sapiens(dx)