di Cristian Perfetto, 3ªS2 – Liceo Scientifico –
La filosofia: un’imbarcazione con cui salpare sospinti dal vento della meraviglia, percorrere le innumerevoli rotte del sapere e ritrovarsi in mare aperto, avvolti dall’immensità e dal silenzio; continuare a navigare senza sosta, approdando talvolta su qualche piccola isola, ma destinati a rimettersi in viaggio e a non trovare mai un attracco definitivo. Nei mesi da poco trascorsi, mi è stata offerta la possibilità di sentirmi concretamente a bordo di quel vascello e di remare verso l’orizzonte.
“7° festival filosofico del Sannio” riportava, a caratteri cubitali, una locandina; poco più in basso il titolo: “Responsabilità”. Mi chiedo come avrebbe potuto la mia curiosità già irretita non tramutarsi in fervente attenzione nel leggere i nomi dei tredici relatori che avrebbero preso parte all’iniziativa: illustri personalità che di solito si ha occasione di riconoscere in televisione, nelle parole impresse sulle copertine dei libri e nelle inserzioni giornalistiche; tra questi: Dacia Maraini, Giuseppe Patota, Ivano Dionigi, Paolo Crepet … Tutti sono stati la mia bussola. L’aver potuto stabilire con loro un contatto, l’essere stato anche solo ad osservare quell’ago oscillante ritrovare con prontezza la stella polare ad ogni mio dirottamento, ha allargato a dismisura i miei orizzonti ed ha avuto un’influenza notevole sul modo in cui, ora, guardo al futuro.
L’associazione “Stregati da Sophia”, a dispetto del Covid, è riuscita a riunire periodicamente centinaia di persone per mezzo di una piattaforma on-line. Prova che la reclusione non sia riuscita a sopprimere gli intelletti recalcitranti e la brama di sapere; centinaia di persone, tutte mosse da un unico fattore: la cultura. È innegabile che un incontro ravvicinato sarebbe stato preferibile, ma devo ammettere che le lezioni si sono dimostrate all’altezza delle aspettative: la forza dei ragionamenti è stata così trainante da permettere, navigando con la mente, di calarsi nella realtà più di quanto non lo stessi facendo nel vivere la pseudo-normalità che ormai scandisce il ritmo delle giornate.
Qualche tempo fa, si diceva che la vita si fosse fermata. Forse avevano ragione: siamo stati privati del contatto, del confronto diretto, del dialogo: uccelli in gabbia ansiosi di spiccare il volo, sognatori costretti a misurare i sentimenti in megabyte. Tuttavia, non abbiamo mai smesso di emozionarci, di sperare, di creare, di fare ciò che ci viene naturale: non abbiamo mai smesso di pensare, di lasciarci cullare dalle onde; questo festival ce lo ha ricordato. Noi partecipanti abbiamo avuto la possibilità di constatarlo e di lasciarci trasportare dalla corrente. Il sapere filosofico ha divelto l’apatia delle nostre abitazioni: come trasfigurati in un altro mondo siamo stati in grado di abbandonare temporaneamente le preoccupazioni e di dilatare la cadenza martellante della nostra quotidianità. I relatori, con i loro interventi, hanno sapientemente spaziato in svariati campi del sapere: letteratura, arte, scienza, politica… Ciascuno è stato messo nelle condizioni di scandagliare la propria coscienza, di rivalutare le proprie convinzioni fino a scoprire le radici recondite del concetto di responsabilità. Mette quasi i brividi il constatare che un termine così all’ordine del giorno, possa essere adoperato quotidianamente senza cognizione del baratro di possibilità che esso nasconde. A seguito del festival, cado nell’abisso ogni volta che sento pronunciare tale parola, quando guardo la televisione, quando leggo, quando sento qualcuno urlare adirato con un operatore telefonico esortandolo a farsi passare un responsabile.
Tutt’intorno un oceano sconfinato, ed io, a bordo di quella scialuppa, assillato dall’insopportabile sensazione di dover proseguire, di dover continuare a remare perché manchevole, spinto dalla curiosità. Ormai nulla avrebbe potuto soffocare “l’ardore ch’i’ebbi a divenir del mondo esperto”, non potevo tornare indietro. Come Ulisse, ho intrapreso il folle volo, con il rischio di perdere me stesso. Il viaggio, infatti, mi aveva portato ad abbandonare le zavorre delle mie certezze, privato di nozioni che, in precedenza, sembravano appartenermi, che sembravano non celare segreti e non prestarsi ad ulteriori interpretazioni. Mi sentivo finalmente svuotato: ansioso di discernere, di ragionare, di inseguire un nuovo orientamento.
Vedevo le cose con più chiarezza. Oltre le colonne d’Ercole, la responsabilità, da calcolo accorto delle conseguenze e lume dell’agire, si è delineata come cura della natura, attenzione verso il prossimo, spirito rivoluzionario, coraggio di andare contro corrente… pezzi di un puzzle che, completato, mi hanno permesso di guardarla sotto una luce totalmente nuova. In ogni sua sfaccettatura, la responsabilità è capacità di guardare avanti, di credere nel cambiamento, un’incontenibile tensione verso il futuro. La responsabilità è fiducia nell’avvenire, è speranza nel domani.
“La responsabilità di sperare”, è il titolo del saggio che mi ha consentito di conseguire ex-aequo il primo premio del concorso “Io filosofo”, destinato agli studenti che avevano preso parte al festival. Nient’altro che un diario di bordo, in cui ho avuto occasione di narrare in modo più approfondito la mia spedizione. La vittoria è stata di sicuro una grande soddisfazione, ma avevo, ancor prima, ricevuto un premio dal valore inestimabile: l’ampliamento del mio bagaglio culturale, la possibilità di prendere il largo. E poi, la confortevole consapevolezza di non essere solo: il sapere è sempre collettivo. Ciascuno sul proprio veliero, ogni partecipante è stato un vincitore; ma, in primis, vincitrice è stata la filosofia; vincitrice è stata la Cultura.