di Giovanni Pasquariello e Luca Zarrelli, 4ªS1 – Liceo Scientifico –
Si conclude con un intervento di ampio respiro il XVI Corso di Cittadinanza Attiva, organizzato dal CSS Bachelet Onlus in collaborazione con l’Università Telematica Giustino Fortunato e l’Università del Sannio. Protagonisti il Magnifico Rettore dell’Università Giustino Fortunato, prof. Giuseppe Acocella e Mons. Orazio Francesco Piazza, Vescovo di Sessa Aurunca e Presidente onorario del CSS Bachelet.
Il tema della giustizia sociale ha necessariamente subito la contaminazione della questione ambientale, argomento di fondo del corso. Il prof. Acocella ha introdotto il problema ambiente analizzandone le sfaccettature politiche e, soprattutto, assumendo una posizione di pensiero netta e determinata, poiché deve essere chiaro come l’inquinamento renda inospitale la terra per gli uomini, per cui la violenza al paesaggio è una violenza all’essere umano e preservar
e l’ambiente equivale a preservare la città dell’uomo. Tale assunto rende immediatamente evidente la relazione tra pace e giustizia sociale e problema ambientale. Citando Papa Francesco, il relatore ha sottolineato l’importanza di abbandonare ogni forma di mitizzazione dell’ambiente e pensare l’ecologia come una questione squisitamente umana. Papa Francesco parla, infatti, di una ecologia dell’uomo. L’essere umano ha una sua natura che deve rispettare e che deve essere rispettata. Denuncia l’eugenetica il prof. Acocella, che mirerebbe a migliorare la specie umana modificandone la genetica, e la manipolazione genetica sugli OGM. Mostra la sua disapprovazione di fronte alle dichiarazioni di scienziati inglesi e francesi che hanno affermato di poter creare bambini “a la carte”. Le possibili derive? La differenza tra vita utile e vita inutile, in nome dell’efficienza sociale! Tali derive non vanno pensate come un retaggio del passato ma, chiaramente, come una questione aperta. Sicuramente negli ultimi anni ci sono stati interventi istituzionali che hanno orientato la ricerca verso il rispetto del patrimonio genetico, da parte dell’ONU ma anche del Consiglio d’Europa. L’esclusione della brevettabilità delle razze animali e delle specie vegetali ha rappresentato indirettamente una tutela per l’uomo stesso, così come le raccomandazioni del Consiglio d’Europa, che hanno ribadito il diritto a un patrimonio genetico non modificabile. Le manipolazioni ambientali, visto l’assunto iniziale, anderebbero di pari passo con le manipolazioni del patrimonio genetico umano, e, di conseguenza, del diritto naturale, portando ad una diffusa incapacità di attingere ai fondamenti e di distinguere il bene dal male. Monsignor Piazza ha colto immediatamente il fascino degli snodi concettuali aperti dal prof. Acocella, partendo da un’analisi importante e fondativa del rapporto uomo-natura. Le due componenti non sono in opposizione, l’uomo non è solo DI FRONTE alla natura, ma è NELLA natura. Da ciò il superamento del modello di un’ecologia strumentale, proiettando il pensiero e l’azione verso una lettura che, citando il Genovesi ne “La logica del bene comune”, debba muoversi sulla base di un regolo fisico, il senso del giusto, della misura, di una saggezza condivisa, costituita dal patrimonio dei valori radicati nella persona. L’approfondimento di Monsignor Piazza si muove nella direzione della necessità di un passaggio dal potere dell’uomo sulla natura allo sguardo sulla natura, uno sguardo poetico, che lo porta a riconoscersi nella natura stessa. Monsignor Piazza esprime la necessità di ripensare il rapporto uomo – natura in modo organico (l’uomo modifica la natura in virtù del suo cammino nella storia), asimmetrico (l’uomo deve intervenire sulla natura) e differenziato, in nome della responsabilità. E’ ancora natura una natura modificata? Quali sono gli ambiti di intervento che l’uomo ha sulla natura? Se l’uomo è custode non può non portare a compimento, non può non portare a pienezza, attraverso il paradigma della reciprocità – mutualità. Insiste, Monsignor Piazza, sul dialogo inclusivo tra le scienze, le quali, attraverso una trama etica, possono muoversi sugli stessi fini e gli stessi fondamenti, e su uguaglianza, dignità e unità come parametri garanti del raggiungimento del bene comune. In che modo concepire il bene comune? Non come somma di interessi particolari, poiché la prospettiva individualistica, secondo la quale ogni singolo vede come bene e come diritto solo ciò che riguarda la sua sfera personale ed egoistica, ha portato ad una totale “giustificazione “ dei comportamenti individuali. Bisogna invece ritornare alla vera natura dell’uomo, che è di tipo relazionale, poiché attiene alla persona. Da qui, la visione del rapporto uomo natura come relazione dell’uomo con essa, e quindi il corretto ruolo dell’uomo stesso di custode dall’ambiente, oltre che la corretta percezione del bene comune che, essendo basato sulla relazione, non si può più ridurre a “mio” o “tuo”, ma necessita dell’immedesimazione di me nell’altro, per comprendere ciò che serve o avvantaggia sia me che te. La domanda, inevitabile, sul relativismo morale che oggi domina, e sul suo diretto legame con la moderna globalizzazione, ha evidenziato la stessa lunghezza d’onda tra i due relatori.
Il prof. Acocella, partendo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani del 1948 dell’ONU, nota come, all’indomani della seconda guerra mondiale, i diritti fossero concepiti come uguali, naturali e validi per tutti. Oggi il relativismo, che si lega al precedente individualismo, afferma invece che il bene e il male, e dunque i diritti, possono cambiare da soggetto a soggetto, secondo il punto di vista. In questo modo si giustificano numerosi comportamenti, e si corre il rischio di non riuscire più a distinguere il bene dal male. Per Monsignor Piazza, la soluzione sta nel concentrare l’attenzione non sul fenomeno, ma sul fondamento. Rimanendo ancorati ai fenomeni, possiamo osservare una “specializzazione” dell’etica ( politica, economica, bio…) Questa prospettiva è il simbolo di uno specchio rotto, che la globalizzazione permette di vedere con più chiarezza, specchio che può e deve essere riunito, lasciando in evidenza le cicatrici, tornando al fondamento dell’etica stessa, nella sua forma più compiuta, ovvero il ritorno alla persona come relazione e al diritto più importante dell’uomo, quello che rispetta la qualità, la dignità e la vita.