di Federica Gallo – 4ª S2 –
Esattamente 7 mesi fa iniziava la mia esperienza che mi ha visto coinvolta come studente internazionale per questo lungo periodo. Sin dall’inizio gli unici veri e continui riferimenti sono stati la mia agenzia italiana e quella corrispondente inglese, più conosciuta con il nome Educatius. Quest’ultima ci ha dato la possibilità di partecipare al “soft landing camp”; un campus di benvenuto che, almeno apparentemente, ci ha aiutato a gestire le prime emozioni. Eravamo più di 500 ragazzi provenienti da tutto il mondo, anche da Paesi di cui neanche conoscevo l’esistenza. Ricordo ancora che le prime persone con cui parlai non erano neanche di nazionalità italiana e questa fu una cosa che mi diede molto sollievo in quanto la cosa migliore per vivere questo percorso è stare il meno possibile con i propri connazionali. Dopo diversi giochi, escursioni e passatempi, arrivammo subito al 31 agosto mattina dove tutti, incuriositi, salimmo sul bus che ci portava alle nostre diverse destinazioni.
Mi era stato detto che per 10 mesi avrei vissuto nella contea di Birmingham, una città metropolitana che è completamente l’opposto di Telese Terme. Il cambiamento fa paura e ti regala anche preoccupazioni, ma ad oggi ringrazio chiunque abbia scelto questa meta finale dato che ho finalmente scoperto una realtà diversa da quella che inizialmente chiamavo piacevole quotidianità.
Inizialmente ero stata affidata ad una famiglia composta unicamente da una mamma e sua figlia di 8 anni. In queste situazioni, con chiunque ti capiti davanti, o ti trovi bene oppure come dicevamo noi “non c’è chimica sin da subito”. Per il periodo di tempo che va da settembre al 9 gennaio, ho vissuto in loro “compagnia” per poi decidere di cambiare completamente realtà e provare a capire e mettere in discussione se il problema fossi stata io o se la parziale colpa potesse ricadere su di loro. La seconda e definitiva host family dove ho vissuto fino al mio giorno di rimpatrio, era invece formata dalla mia mamma ospitante(Jenny), la cugina(Lynne) e la mia host sister tedesca(Theresa). Con questo nucleo familiare, è stata dall’inizio empatia pura ed è finalmente la famiglia che posso dire di avere a km di distanza da casa mia. Io sono riuscita a lasciare del mio in loro, e loro in me. Ci siamo trovate a cucinare, passeggiare, piangere, dipingere e finanche discutere di tutto quello che avevamo intorno, da entrambi i nostri punti di vista.
Per quanto riguarda il sistema scolastico è molto o, forse, completamente diverso da quello italiano e questo dettaglio mi ha finalmente dato la possibilità di conoscere un qualcosa diverso dall’abitudine in cui vivevo. La mia era una high school, che è ben diversa da un college inglese, chiamata John Willmott School. Inizialmente integrarsi in un gruppo e ambiente che non è il tuo, è difficile. Sono stata lo stesso fortunata dato che ero insieme ad altri 5 exchange students, tra cui una ragazza che è diventata la mia forza continua. Con loro siamo riusciti a far parte di un gruppo di 7 altri ragazzi e ragazze con cui ci siamo aperti e raccontati gli uni con gli altri. Con i ragazzi dell’ultimo anno è stato un po’ più complicato, ma alla fine sorprendentemente anche nei loro occhi si poteva vedere la tristezza per il nostro ritorno troppo anticipato. Ho capito, per mia fortuna, che il rapporto con i professori può anche essere diverso da quello che giornalmente viviamo con i nostri docenti italiani; non c’è freddezza e fin troppa formalità, ma sopraggiunge la complicità. Sono persone, loro, come i compagni, che non dimenticherò mai dato che giorno dopo giorno hanno sempre continuato ad interessarsi di noi e del nostro stato d’animo.
Per quanto riguarda tutte le persone incontrate che sono diventati alcuni dei miei amici più cari, non potrò mai riuscire a ringraziarli come si deve. Siamo cresciuti insieme, ci siamo dati man forte a vicenda e quando uno cadeva, l’altro copriva le spalle. Questo percorso ti arricchisce anche dal punto di vista interpersonale siccome le amicizie che nascono, e rimarranno vere, si spera, per tutta la vita. Non è mai pesato stare in un gruppo con persone diverse per cultura e conoscenze; il confronto fa sempre bene quando è sano. Questo fa capire che la realtà italiana non è per forza e sempre quella giusta, ma molto spesso, cambiare area sociale fa bene stesso alla persona.
Il mio exchange year sarebbe dovuto finire a metà giugno, ma per colpa di una pandemia mondiale che ormai tutti conosciamo, è finito troppo precocemente e in uno dei modi più tristi possibili. Adesso nei cuori di tutti gli studenti internazionali c’è tristezza, rabbia e nostalgia di una vita nuova che è durata fin troppo poco e alla quale ci stavamo adattando come se fosse per sempre. Personalmente quasi non ci volevo più tornare in questa “vita italiana”, ma a volte le cose non dipendono più da noi. Nonostante siano passati solo 7 giorni dal mio ritorno, resto convinta del fatto che la mia decisione di un anno fa nell’intraprendere quest’avventura, sia stata una delle migliori che potessi prendere e che questi 7 mesi siano stati i mesi più importanti e decisivi, forse per il resto della vita.
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