di Vera Palladino e Francesco Paduano 3ªS2 –
“e vidi cose che ridire, né sa né può chi di lassù discende”, prendiamo a prestito le parole di Dante espresse nel proemio del Paradiso per provare a raccontarvi la meraviglia e nello stesso tempo l’impossibilità di raccontarla fino in fondo dello spettacolo cui abbiamo assistito lo scorso 17 gennaio presso l’Auditorium Unità d’Italia di Isernia. Grande è stato l’entusiasmo della 3ªS2 per la rappresentazione del primo musical italiano sulla Divina Commedia.
Il cast di Divina Commedia Opera Musical, per la regia di Andrea Ortis, è formato da attori giovanissimi, ma non per questo meno bravi, e la voce narrante è quella di Giancarlo Giannini.
Scenografie, coreografie acrobatiche, costumi bellissimi, musiche, proiezioni in 3D ci hanno incantato per due ore durante le quali sono stati messi in scena i canti più suggestivi e significativi delle tre cantiche.
In un crescendo emotivo si sono presentati ai nostri occhi Caronte, Francesca, Pier delle Vigne, Ulisse, il conte Ugolino e ancora …. Catone, Pia de’Tolomei, Cavalcanti, Arnaut Daniel, Matelda…
Infine l’apoteosi si è raggiunta con la processione trionfale che segna il passaggio di consegne da Virgilio a Beatrice.
L’apparizione di quest’ultima ha segnato di certo il culmine di una narrazione che ci ha tenuti con il fiato sospeso. I fasci di luce che circondavano Beatrice ci hanno improvvisamente destato da un rapimento estatico che ha fatto di questa esperienza, un’esperienza unica e indimenticabile.
Un vero viaggio nella cultura, nell’arte e nella bellezza che nel pomeriggio si è arricchito ulteriormente. Sulla via del ritorno abbiamo fatto tappa a Venafro, per i Romani Venafrum, un antico comune in provincia di Isernia. E’ oggi conosciuto come Porta del Molise perché è situato ai confini con Lazio e Campania.
La cittadina di Venafro ha origini molto antiche, risalenti al popolo italico dei Sanniti, che nel III secolo a.C. combatterono aspramente contro Roma durante le guerre sannitiche.
Il suo centro storico si presenta come borgo fortificato lungo la scarpata della montagna. Nel punto più alto del borgo è ubicato il Castello Pandone, mentre la Cattedrale, seguendo lo schema delle antiche città normanno-longobarde, si trova fuori le mura.
Il Castello nasce in pianura e la prima torre a essere stata costruita è quella a base quadrata nel X secolo d.C., seguirono poi la costruzione di tre torri circolari a base tronco conico durante il periodo angioino, e contestualmente venne anche edificato un fossato. Nel 1400 arriva a Venafro il conte Francesco Pandone, primo della dinastia, che potenzierà questa struttura difensiva, allargando il fossato e facendo costruire una braga merlata con buchi per le cannoniere. L’ultimo conte Enrico Pandone trasformerà la fortezza in una dimora rinascimentale e farà costruire anche un giardino all’italiana adiacente al Castello.
All’interno sono esposti affreschi, disegni, tele e sculture. Alcuni disegni sono semplici schizzi realizzati con la tecnica del carboncino, essi erano considerati disegni preparatori, una sorta di appunti che gli artisti, al servizio del conte, utilizzavano per la successiva realizzazione di affreschi, a oggi parzialmente conservati.
Sulla porta d’ingresso sono state anche raffigurate delle asce dalle dimensioni reali sempre con la tecnica del carboncino con lo scopo di incutere timore. Tutti gli ambienti interni del Castello furono abbelliti da raffigurazioni di cavalli della scuderia del Conte, la tecnica usata per le rappresentazioni è quella dello stiacciato, un intonaco con figura a basso rilievo su cui poggiare il colore. Di ogni cavallo sono riportati: età, razza, nome, colore del manto e il simbolo H, cioè della scuderia di Henricus, che manifestava un grande interesse per questi animali.
All’interno si possono ammirare ancora uno scalone trecentesco, il piano nobile, il ballatoio cosiddetto dei Cavalli da Corsa, ed anche un esemplare regalato all’imperatore Carlo V in segno di riconoscenza per aver nominato il Conte Enrico Pandone duca di Boiano. Un’ala del Castello ospita il Museo Nazionale del Molise, con opere pittoriche tra età paleocristiana ed età moderna. Di grande pregio un polittico con scene della Passione di Cristo, realizzato in alabastro nel XV secolo da una bottega inglese di Nottingham, recentemente esposto a Matera, città della Cultura.
Sono presenti ancora diverse opere di artisti napoletani come Luca Giordano e Francesco Solimena. Ancora degna di nota Girl with Suitcase, una fotografia scattata in Molise dal celebre fotografo Robert Capa durante l’inverno del 1943/44. Qualcuno ha voluto vedere nella foto una signora di Filignano, Diletta, la quale racconta dell’incontro con i militari alleati nel 1943, incuriositi dalla ragazzina che percorreva un sentiero con la tina in testa e il secchio in mano. La foto fa parte di un percorso che mira a considerare la storia e le conseguenze della seconda guerra mondiale nella regione attraverso il lavoro di artisti internazionali.
Ultima tappa di una bellissima giornata in Molise, è stato il Verlasce, importante testimonianza di un antico anfiteatro romano risalente al I secolo a.C. L’architettura ellittica dell’edificio originale aveva il diametro maggiore di 110 m e all’epoca era in grado di ospitare circa 15.000 spettatori per assistere agli spettacoli dei gladiatori. Della struttura originaria abbiamo avuto modo di osservare i resti delle fondamenta mentre tutte le restanti parti risalgono al Medioevo quando le scalinate furono distrutte e le antiche pietre furono utilizzate per la realizzazione di strutture abitative.
Ricordiamo infine che il New York Times ha inserito il Molise tra le cinquantadue mete mondiali da visitare nel 2020, una vera e propria rivincita per una regione a lungo e ingiustamente bistrattata, addirittura oggetto di un ritornello complottista