di Ilenya Proto –
Lunedì 9 maggio noi ragazzi della 3ªT1 e 3ªT2 dell’Istituto Telesi@ abbiamo avuto la possibilità di visitare, come completamento di un percorso già iniziato, la Sinagoga di Napoli e, in aggiunta, il centro storico del capoluogo campano.
Ma come è stato realizzato questo progetto? Dopo aver letto il libro della scrittrice Miriam Rebhun “Sono inciampata e non mi sono fatta male”, il 18 gennaio abbiamo avuto la fortuna di poter organizzare un incontro con l’autrice, tenutosi presso il polo scolastico di viale Minieri, durante il quale abbiamo discusso e ricordato anche gli orrori della Shoah. Ma le parole forti e talvolta tristi della Rebhun ci hanno fatto sentire la necessità di vedere con i nostri occhi parte dei luoghi descritti nel libro e quindi, accompagnati dalle professoresse Anna Cinzia Lettieri e Lucia Santillo, abbiamo visitato il più importante punto di riferimento per tutti gli ebrei del meridione: la Sinagoga della comunità ebraica di Napoli. Ciò che subito ci ha colpito è stata la struttura in cui si trova che, pur essendo situata nel quartiere San Ferdinando, nel cuore della città, ad un passo da Piazza dei Martiri, non si differenzia dagli altri palazzi se non per la sua lunga storia resa visibile da pareti chiaramente più antiche. La sede della Comunità infatti è il famoso palazzo Sessa, costruito nel 1506 e fatto ampliare nel 1746 dal marchese Giuseppe Asmundo di Sessa e che in epoca borbonica ospitò l’Ambasciata inglese. In una stanza che potrebbe essere paragonata all’ingresso di una qualsiasi abitazione, siamo stati subito accolti da Miriam Rebhun, la quale ci ha invitati a mantenere un religioso silenzio e consegnato ad ogni ragazzo una kippah, ovvero un copricapo che deve essere indossato obbligatoriamente dagli uomini per poter accedere all’interno della Sinagoga. Una volta entrati, ciò che più ci ha colpito è stato, paradossalmente, l’arredamento che non c’era. A differenza delle chiese vistose che noi tutti siamo abituati a frequentare, piene di affreschi e quadri, la Sinagoga, invece, presentava pareti vuote e l’intera stanza era occupata da numerosi menorah, candelabri a 7 bracci ed altri elementi di arredo importanti per la religione ebraica. La scrittrice ci ha, quindi, raccontato in breve la storia di tutta la comunità ebraica che, a differenza di come è stato ufficializzato, non ha 150 anni, bensì ha origini addirittura precedenti alla nascita di Cristo, ma ciò che ci ha reso increduli è stato venire a conoscenza di quanto gli ebrei rappresentino ormai una piccola minoranza all’interno della popolazione mondiale. La stessa Sinagoga di Napoli infatti, pur essendo l’unica in tutto il meridione, presenta dai 180 ai 200 iscritti, numero davvero esiguo se si pensa che la popolazione napoletana ha ormai raggiunto il milione. Finita la lezione, abbiamo visitato le altre stanze del palazzo Sessa, in cui spesso si svolgono concerti e conferenze. Dopo esserci congedati dalla scrittrice abbiamo proseguito nel nostro itinerario visitando alcune chiese, il Duomo e la famosa Cappella di San Gennaro che ad oggi, con i suoi numerosi dipinti e affreschi, viene considerata l’epicentro della pittura barocca. Entrando infatti è impossibile non notare le numerose decorazioni artistiche ma soprattutto le 51 sculture in argento che, come ci ha spiegato la guida, raffigurano i santi compatroni di Napoli; la maestosità e l’imponenza di ogni singolo elemento della Cappella sono riusciti subito a chiarirci perché per i napoletani sia così importante tanto da essere definita “il Tesoro”. Per concludere non poteva mancare una veloce visita alla famosa “Spaccanapoli”, una delle strade più celebri della città ricca di cultura, storia e tradizione e dove l’atmosfera è tale da riuscire a far riportare in vita quella Napoli antica che abbiamo riscoperto in questa giornata.
[wzslider autoplay=”true”]