di Alessandra Simone –
Tutto rimane acceso, niente spento. Tutto aperto, niente chiuso. Tutto iniziato, niente concluso. Tu sei il consumista perfetto. E’ così che Michela Serra definisce il mondo incasinato degli sdraiati, dei giovani, di quella generazione con le cuffie nelle orecchie e dei calzini sparsi ovunque. Lui, genitore incompreso, come molti, si pone domande su come la vita apatica e senza scopi di questi giovani possa svolgersi e soprattutto quale sia lo scopo, la direzione cui avvicinarsi. Già la prima descrizione, quella in cui è delineata una casa “tipo”, abitata da un giovane, porta a sconvolgenti riflessioni. Ne abbiamo fatte tante io e i miei compagni di IV T1 leggendo l’ultimo lavoro di Michele Serra, Gli sdraiati, appunto. Ne è nato un dibattito acceso, per nulla banale.
Ci siamo interrogati sulle verità raccontate da questo padre troppo ossessionato dalle occasioni mancate di dialogo con il proprio figlio, ci siamo riconosciuti nel disordine reale ed esistenziale di un figlio ipertecnologio e solo all’apparenza poco attento al mondo circostante.
In cucina il lavello è pieno di piatti sporchi. Macchie di sugo ormai calcinate… Più di un posacenere in giro per la casa, rigurgita di cicche. Spero non solo tue. [..] Quasi radiosa, in questo quadro bisunto e tendente allo scuro, è l’aureola candida che sta sotto la macchina del caffè.
E’ vero, leggendo questo passo, abbiamo provato vergogna, quella dei figli, spesso egoisti e poco attenti a chi tiene in ordine la casa. Se di sensi di colpa vogliamo parlare, però, non possiamo tacere quelli dei padri, che non rassegnati allo stile di vita degli adolescenti, iniziano a porsi delle domande su come l’educazione impartita ai figli, i loro comportamenti, possano aver influito di tanto in tanto sulle abitudini dei ragazzi. Gli episodi raccontanti ed esposti nel libro sono molteplici, semplici, raccontano situazioni giornaliere, tutte con significati non apparenti e sempre con quella sottile ironia che porta sì a sorridere, ma riesce a farci riflettere ancor di più.
Ci sarebbe davvero troppo da dire sulla vita dei giovani, “dormono quando il resto del mondo è sveglio e vegliano quando il resto del mondo sta dormendo” ma lo scrittore, grazie a episodi ricorrenti, quali visite inaspettate di amici, ricerca ossessiva di felpe alla moda riesce a semplificare situazioni abbastanza serie. In tutto il libro, saltando da un capitolo a un altro, è possibile cogliere una storia, quella di un padre, insistente e cocciuto, che prova per lungo tempo a convincere il suo ragazzo a seguirlo in montagna, al Colle della Nasca, per una lunga passeggiata silenziosa e purificante. Le risposte a queste numerose proposte, da parte del figlio, non sono neanche riportate. Ciò lascia intendere il poco peso che il ragazzo dà a queste idee. Nonostante le tante scuse, i ricatti, le battute, il padre non riesce a convincere il giovane a scalare quella montagna che è sempre nei pensieri del vecchio.
C’è un episodio, in particolare, che ci ha colpito. Il padre, annaffiando dei vasi di portulache, abitudine che ha ereditato dal padre fin dall’età di dieci anni, si crede l’ultimo anello di una catena ormai spezzata. E’ convinto, infatti, che suo figlio, apatico e distratto, non continuerà la cura del mondo.
Proprio quando questo padre sta per rassegnarsi, però, nell’ultimo capitolo del libro, suo figlio lo smentisce seguendolo al Colle della Nasca. I pensieri affogano il padre, che non sa se essere felice o rattristato dalla situazione. Alla fine della scalata ,però, quando lui riesce dal basso a vedere suo figlio, in vetta al monte, forse felice di essere lì, l’uomo con gioia e un po’ malinconico sa di poter mollare, di poter abbandonarsi alla sua vecchiaia in modo sicuro, perché nonostante tutto, nonostante quella vita frenetica e senza regole, il figlio non è altro che lui e che le generazioni, un po’ per colpa dei “dopo padri”, un po’ per colpa della società in generale, sono così. Sono diverse, amano la notte e le felpe, sono consumisti nonostante non possano permetterselo, però riescono ancora ad apprezzare le piccole cose.
La lettura de Gli sdraiati è stata per noi un’esperienza avvincente e davvero bella.
Ci siamo ritrovati un pomeriggio in biblioteca per discutere sull’eterno conflitto generazionale tra padri e figli, analizzare passi, scrivere una sceneggiatura per raccontare in un minuto aspetti significativi del libro. Ci siamo presi anche la libertà di ipotizzare un finale diverso , positivo, alla storia, in risposta ad un padre troppo pessimista e forse egoisticamente convinto che gli sdraiati non siano capaci di cose grandi. Invece , ne siamo certi, quella degli sdraiati è la posizione ideale per pensare, sognare e amare. Per essere giovani. Sempre.